Una giornata che non dimenticherò facilmente, con la paura e la speranza che si alternano di ora in ora e la storia che ti scorre sotto gli occhi. Una giornata vissuta asserragliato in un hotel da 26 piani, dal quale non ti puoi nemmeno affacciare altrimenti la polizia arriva in camera e ti sequestra la telecamera, mentre tu vorresti riprendere tutto quello che vedi.
Una giornata in cui non puoi uscire dal portone e il tuo pensiero è a quella gente in piazza che hai intervistato poche ore prima e che ora è circondata e colpita dai cecchini.

2_0000274_1_bigE’ stata così la terribile giornata di venerdì 4 febbraio al Cairo. Con una battaglia sotto le finestre dell’hotel iniziata a sassate e finita con le mitragliatrici dei carriarmati che sparavano. Con ore di assedio da parte dei sostenitori di Mubarak, avvelenati con la stampa internazionale, che cercavano di entrare nell’albergo a caccia dei giornalisti. Con i pochi colleghi che si sono arrischiati ad uscire e sono tornati poco dopo con il volto insanguinato e le macchine fotografiche sparite.

Siamo nei mirino, noi giornalisti. Colpevoli di aver dato troppo spazio alle manifestazioni contro il presidente, di aver mostrato una cattiva immagine dell’Egitto.
Noi che abbiamo solo fatto vedere quello che accadeva e che quando abbiamo provato a raccontare la manifestazione a favore di Mubarak ci è stato impedito dagli stessi sostenitori.
Le notizie sono arrivate una dopo l’altra come pugni nello stomaco.
Picchiato un amico fotografo. Accoltellato un collega svedese. Assaltata e devastata la sede dell’Aptn, da dove trasmettevamo, a pochi metri dall’hotel. Poi senti le urla, guardi fuori e li vedi a centinaia davanti all’albergo che lanciano insulti e mostrano le mazze. E ti attraversa quella sottile inquietudine che ti fa pensare: “E ora se sfondano e arrivano, che cosa faccio?”. Il primo pensiero che viene in mente a tutti è quello di stare uniti. Così ci siamo raggruppati in quattro o cinque per stanza. Ore di tensione.

Il sollievo quando dalla piazza i manifestanti antigovernativi riescono a conquistare metro per metro il cavalcavia fino ad arrivare all’ingresso dell’hotel e a scacciare le squadracce. Ma dura pochi minuti, perchè subito arrivano i soldati sparando in aria per allontanarli e così i brutti ceffi di prima sono di nuovo fuori dalla porta.
A sera tre giovani fotografi italiani arrivano di corsa inseguiti dai manifestanti che vogliono linciarli. Vengono fatti entrare in albergo, ma subito il personale sequestra loro macchine fotografiche e schede di memoria che vengono consegnate ai dimostranti. Poi gli uomini dell’hotel chiedono loro di pagare una stanza per poter restare dentro.

Pochi minuti e i colleghi tedeschi e spagnoli se ne vanno a bordo di mezzi corazzati. Corre voce che nella notte verrà tentato un nuovo assalto all’hotel. Vado a dormire stravolto, con il pensiero che in fondo è solo una delle mille voci che corrono per Il Cairo.